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I 21 Martiri di Piazzale Cantore

I 21 Martiri di Piazzale Cantore

Sebastiano Cappello

Sortino (SR), 9 maggio 1922 – Dachau, 1945

Sebastiano Cappello nacque a Sortino (SR) il 9/5/1922. A Milano abitava in via Ausonio 20. Arrestato nel 1944 perché antifascista, fu inviato nel campo di concentramento e transito di Bolzano-Gries. Da lì il 5/10/44 fu tradotto al campo di sterminio di Dachau dove divenne il prigioniero n.113230. Morì in quel lager nel 1945, a ventitré anni. Sebastiano è ricordato anche da una lapide affissa a Milano, via Ausonio 20, in Zona 1.

Giovanni Amelotti

Milano, 10 gennaio 1917 – Dongo il 23 dicembre 1944

Milanese, di famiglia benestante, ufficiale di complemento, aderì alla Resistenza unendosi, con il nome di battaglia di “Sardo””, alla 52a Brigata Garibaldi “Luigi Clerici” che, inquadrata nella 1a Divisione d’Assalto Garibaldi “Lombardia”, operava sulla sponda occidentale del lago di Como fino al confine svizzero.

“Sardo”, che era divenuto comandante militare del distaccamento “Gramsci” della 52a, fu arrestato, insieme ad altri compagni (Enrico Caronti – “Romolo”, commissario politico della 52a, e la staffetta Natalina Chiappo- “Dina”), a San Gottardo di Dongo dalla Brigata Nera “Cesare Rodini” di Menaggio, comandata da Paolo Emilio Castelli. L’operazione dei fascisti fu probabilmente facilitata dalla delazione di due infiltrati. Dopo essere stato ferocemente torturato, Giovanni fu fucilato a Dongo il 23 dicembre 1944. Nella stessa Dongo, qualche mese dopo, il 27 Aprile ’45, la Brigata “Clerici” arrestava Mussolini. Nel novembre ’46 si celebrò il processo al comandante fascista Castelli ed al suo vice. Le condanne a morte, comminate in quella sede, furono successivamente commutate in trent’anni di reclusione che, di lì a poco, furono amnistiati. Abitava in via Longo.

Giannino Bortolotti

Casalmaggiore (CR), 1 maggio1926 – Upega, 17 ottobre 1944

Appartenente al Comando Divisione della Seconda Divisione Garibaldi “Felice Cascione”.  Per sfuggire ai grandi rastrellamenti dell’autunno ’44 operati da oltre 5000 tedeschi e fascisti nel Ponente Ligure, la “Cascione, insieme ad altre formazioni della 1a Zona Operativa Liguria, si ritirò verso il Cuneese, in Piemonte. Il Comando Divisionale, con l’ospedale da campo, si reinstallò ad Upega, una frazione di Briga Alta. Il, circa 200 tra SS ed Alpenjager, attaccarono Upega. Un distaccamento del Comando Divisionale ingaggiò un violento combattimento cercando di coprire la ritirata degli altri distaccamenti e dei feriti. Caddero oltre venti partigiani, tra i quali il diciottenne Giannino Bortolotti. Il sacrificio di Giannino e dei suoi compagni e’ ricordato anche da una lapide affissa ad Upega. Abitava in Piazzale stazione Genova 2.

Bruno Barbetta

Morto a 26 anni. Purtroppo, non è stato possibile reperire alcuna informazione.

Salvatrice Benincasa della “Mara”

Catania, 5 gennaio 1924 – Monza, 17 dicembre 1944

Nacque a Catania il 5 gennaio 1924 da Emanuele Benincasa e Lucia Blancata. La famiglia, di sentimenti antifascisti, dopo un primo trasferimento a Trieste, nel 1939 si spostò a Milano, in Via Savona 17, e Salvatrice cominciò a lavorare presso la Montecatini. Nel luglio 1944 aderì alla Resistenza ed entrò a far parte delle Brigate Matteotti con il nome di battaglia di “Mara”. Catturata e torturata dalla SS nei locali della G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio) di Monza, dopo aver rifiutato ogni forma di collaborazione, il 17 dicembre 1944 fu portata sul ponte di Via Mentana e lì uccisa. Il giorno successivo il suo cadavere venne rinvenuto senza documenti nel cimitero di Monza (*). Venne inumata come “sconosciuta” e tale restò fino all’aprile del 1945, quando, a seguito di riesumazione, la madre ne riconobbe il corpo. Una altra lapide, apposta in Via Mentana a Monza, ricorda il sacrifico di Salvatrice. Abitante in via Savona, 17.

(*) Come da verbale del Comune di Monza redatto in occasione del ritrovamento del cadavere. Tale documento è consultabile tramite https://anpicatania.wordpress.com/2013/11/27/benincasa-salvatrice-partigiana-staffetta-uccisa-il-18-dicembre-1944-documenti-archivio-storico/.

Ugo Bettero detto “Rino”

Milano, 8 agosto 1923 – Valdossola (VB), 8 ottobre 1944

Nato a Milano l’8/8/1923 da Vittorio Bettero e Rosa Foresti, abitava in Via Giambellino 32. Appartenente alla Divisione Valsesia, cadde in Valdossola l’8 ottobre 1944. Purtroppo, non è stato possibile reperire ulteriori informazioni circa la biografia e l’attività di Ugo.

Fausto Boriani detto “Rino”

1921 –  Milano, 30 luglio 1944

Appartenente alla 113a Brigata Garibaldi, abitava in Via Gian Giacomo Mora. Fu ucciso in V.le Papiniano in un combattimento con le Brigate Nere il 30 luglio 1944. Una altra lapide ricorda Fausto, ed altri suoi compagni, in Via G. Giacomo Mora 14.

Gino Cavalletti

Carpineto (MI) il 25 maggio 1925 – Flossenburg 10 gennaio 1945

Nato a Carpineto (MI) il 25/5/1925, studente. Deportato da Milano il 22/11/1944 nel campo di Bolzano e da lì trasferito a Flossenburg il 19/1/’45. Morì in quel campo di concentramento l’1/4/1945. Pochi giorni dopo, il 23/4, Flossenburg veniva raggiunto dalle truppe americane. Abitava in via Galeazzo Alessi, 1

Renzo Camurri

Curtatone (MN) il 6 febbraio 1915 – Udine (?),  13 settembre 1944

Nacque a Curtatone (MN) il 6/2/1915. Abitava in via Bergognone, 26. Appartenente alla 113a Brigata Garibaldi; arrestato nel luglio ’44 dalla Muti e avviato alla deportazione. Deceduto il 13/9/44. Purtroppo, il luogo della sua morte non è certo, probabilmente fu ucciso ad Udine durante un tentativo di fuga. Abitava in via Borgognone 26.

Giovanni De Vita

Fucecchio (FI), 26 aprile 1922 – Vezzi San Giorgio (SV), 28 novembre 1944

Nacque a Fucecchio (FI) il 26/4/1922 da Italo De Vita e Natalina Barbatelli. Appartenente, con il nome di battaglia di “Leo Carillo”, al Distaccamento “Calcagno” della 4a Brigata d’Assalto Garibaldi “C. Cristoni” che, inquadrata nella Divisione “Gin Bevilacqua” e operava nel Savonese. Cadde in località Casa di Gatti-Vezzi San Giorgio (SV) il 28/11/1944 durante un rastrellamento. Uno scritto dell’agosto ’45 del Comando di Divisione ai parenti di “Leo Carillo”, così ricorda la sua figura e la sua morte: “.Il Carillo, sebbene in posizione sicura, si offriva volontariamente di andare a prendere una barella all’accampamento per soccorrere un ferito. Al ritorno da tale missione veniva ferito mortalmente al petto da una raffica di mitra tirata da pochi passi di distanza da un gruppo della San Marco. Vistolo cadere i nemici si avvicinavano; allora Leo Carillo estratta la pistola scaricava tutti i colpi ferendo un nemico, quindi tentava la fuga; fatti pochi passi, stremato di forze cadeva. Il nemico si avventava su di lui e lo finiva barbaramente…”.

La lettera della madre
La lettera della madre

Adolfo Fontana

28 aprile 1888 – Mauthausen  11 gennaio 1945

Nato il 28/4/1888. Abitava in V.le Bligny 14. Uno scritto del 1946 a firma della vedova Fontana, Davidica Casiraghi, ha fornito un importante contributo per tracciare la biografia di Adolfo. Vecchio militante socialista e perseguitato politico, fu tra i primi organizzatori della Cellula Edison Gas Orobia, collegata alla 117a Brigata Garibaldi SAP “Marco Riccardi”. La 117a, forte di circa 300 partigiane e partigiani, era articolata su sette distaccamenti “di strada” e alcuni distaccamenti di fabbrica e presidiava, secondo la ripartizione operativa del territorio milanese, il 5° settore. Questo settore era molto importante sia per la presenza di importanti vie di comunicazione da/verso la provincia (sia in direzione est-nord-est che in direzione sud-sud-est), sia per la presenza di grandi impianti industriali (La Montecatini, la Caproni, etc.) e di due aeroporti. Pertanto, l’intero settore era particolarmente controllato da tedeschi e fascisti. Adolfo Fontana fu arrestato dalle SS italiane il 2/3/44 presso la sua abitazione di Viale Bligny 14 e subito portato, ricorda la vedova di Adolfo, in un negozio di Piazza Medaglie d’Oro per ricevere una prima scarica di percosse. Fu poi condotto a San Vittore e il 7 marzo ’44 iniziarono i suoi trasferimenti verso la deportazione. Dopo un transito per Fossoli e Bergamo, giunse a Mauthausen dove morì, nel sottocampo di Gusen, l’11 gennaio 1945.

Lettera della vedova Fontana

Tullio Galimberti

Milano il 31 agosto 1922 – Piazzale Loreto (Milano),10 agosto 1944

Giovanni Tullio Galimberti nacque a Milano il 31/8/22 da Aristide Galimberti e Maria Venini. Abitava in Via degli Apuli 5, al Giambellino, ed i familiari lo chiamavano semplicemente Tullio.

Renitente alla leva repubblichina, si unì alle formazioni partigiane di città.  Appartenente alle formazioni Garibaldi con compiti di collegamento e raccolta di armi. Tullio venne arrestato in pieno centro a Milano, in un bar di piazza San Babila, pochi giorni prima del 10 agosto 1944 e portato al carcere di San Vittore. La mattina del 10 agosto Tullio, insieme ad altri quattordici partigiani venne fucilato in Piazzale Loreto da un plotone di esecuzione composto da militi fascisti del gruppo Oberdan della legione “Ettore Muti”.

Amleto Livi

Milano, 23 agosto 1929 – località San Marcello (NO),  28 marzo 1945

Nato a Milano il 23 agosto 1929 da Livio Livi e Lina Gentili. Dopo l’8 settembre ’43, studente appena quattordicenne, entrò a far parte di una formazione partigiana del Modenese, assumendo il nome di battaglia di “Matteotti”.  Catturato dai nazifascisti venne destinato alla deportazione in Germania. Amleto riuscì a fuggire ed a raggiungere fortunosamente la Val d’Ossola dove si unì al 3° Battaglione della 10a Brigata Garibaldi “Rocco”, inquadrata nella 2° Divisione d’assalto. Amleto Livi, insieme ad altri nove compagni, cadde in combattimento tra Invorio (NO) e Paruzzaro, in località San Marcello, il 28/3/45. Pochi giorni dopo la sua morte, suo padre Livio, si presentò al Comando di Brigata per prendere il posto di “Matteotti”. Una altra lapide ricorda Amleto a Milano presso la sua abitazione in Piazza Monte Falterona. Ad Amleto Livi, inoltre, fu intitolato il Convitto-Scuola Rinascita di Milano che, nel dopoguerra, consentì a migliaia di giovani ex partigiani ed orfani di patrioti caduti durante la Resistenza di intraprendere o riprendere gli studi. Rinascita prosegue la sua attività come Istituto Sperimentale Rinascita Amleto Livi – Scuola Secondaria di Primo Grado ad orientamento musicale, in via Rosalba Carriera 12, al Giambellino. Abitava in Piazzale Monte Falterona, 7.

Libero Temolo detto “Quinto”

Arzignano (VI),  31 ottobre 1906  – Piazzale Loreto (Milano) 10 agosto 1944).

Nacque ad Arzignano (VI) il 31/10/1906 da Vittorio Temolo ed Anna Bevilagna. Abitava a Milano in Via Casoretto 40. Militante comunista, ad inizio degli anni ’30 si trasferì a Milano dove riuscì a trovare lavoro, prima come assicuratore e poi come operaio alla Pirelli. Ripresi i contatti con la rete comunista clandestina, fu uno degli organizzatori, con il nome di battaglia di “Quinto”, delle squadre SAP che operavano nei vari stabilimenti della Pirelli. Divenuto responsabile della cellula clandestina del PCI della Pirelli, la sera del 21 aprile 1944 Libero venne arrestato all’uscita dalla fabbrica. Dopo essere stato torturato nella sede dei brigatisti neri della compagnia Oberdan, venne recluso nel carcere di San Vittore.  Dopo alcuni mesi di detenzione, il 10 agosto ’44 insieme ad altri quattordici antifascisti reclusi, venne informato che sarebbe stato trasferito a Bergamo.

Consapevole della propria sorte, prima di lasciare la cella di San Vittore, scrisse questo messaggio:

Temolo Libero, coraggio e fede, sempre fede.

Ai miei adorati sposa e figlio e fratello.

Coraggio, coraggio. Ricordatevi che vi ho sempre amato.

Un abbraccio dal vostro Libero. Raccomando Sergio educatelo.

Baci a te e sposa e fratelli, Temolo.

I quindici vennero condotti in Piazzale Loreto. Appena sceso dal camion “Quinto”, insieme ad Eraldo Soncini, un altro dei quindici condannati, tentò la fuga ma venne abbattuto da una raffica di mitra.

Appena si diffuse la notizia dell’eccidio, gli operai di alcune fabbriche milanesi fermarono il lavoro. Alla Pirelli i lavoratori innalzarono un grande cartello con la scritta ‘TEMOLO’”.

Una ulteriore lapide, affissa sotto l’abitazione di Via Casoretto 40, ricorda il sacrificio di Libero.

Il Comune di Milano, inoltre, ha intitolato una Via a Libero Temolo nella zona della Bicocca, dove sorgeva la Pirelli.

Ottorino Monici

Redondesco (MN), 1906 – Milano, 12 giugno 1945

Nacque nel 1906 a Redondesco (MN) da Pietro Monici e Margherita Tirelli. Di professione operaio edile, abitava in Corso di Porta Ticinese 50. Appartenente alla 111a Brigata Garibaldi che operava in zona Sempione-Gallaratese.  Morì il 12/6/’45 a causa di una esplosione avvenuta durante la consegna delle armi. Una altra lapide, affissa in Via Varesina 62, ricorda Ottorino.

Piero Marasini detto “Brunetto”

Parma, 26 settembre 1922 – Gravellona Toce (VB), 3 settembre 1944

Nacque a Parma il 26/9/’22 da Enea ed Elena Marasini. A Milano abitava in via Crespi 10.

Appartenuto alla 119a Brigata Garibadi con il nome di battaglia di “Brunetto”, cadde in combattimento a Gravellona Toce il 13/9/’44.

Bruno Panigada detto “Giordano”

Milano, 25 gennaio 1918 – Cannobio (VB),  2 settembre 1944

Nacque a Milano il 25/1/1918 e caduto in combattimento a Cannobio il 2 settembre 1944.

Il 26 agosto 1944, in seguito a uno scontro con le formazioni partigiane della zona, il comando germanico arresta a caso diverse decine di abitanti di Cannobio. I tedeschi chiedono uno scambio tra gli ostaggi civili ed i nazifascisti prigionieri dei partigiani. Il 31 agosto vengono innalzate delle forche sul lungolago allo scopo di dare seguito, in mancanza dello scambio richiesto, la minaccia di impiccare gli ostaggi.

La mattina del 2 settembre le Brigate “Cesare Battisti” e “Generale Perotti” della Divisione “Piave” attaccano Cannobio. Contemporaneamente la 85a Brigata Garibaldi “Valgrande Martire”, per impedire l’invio di rinforzi, tiene impegnato per tutto il giorno in presidio tedesco di Intra. Dopo poche ore di violenti combattimenti, le unità tedesche presenti a Cannobio si arrendono ponendo la sola condizione di essere accompagnate al confine svizzero. Cannobio per qualche giorno è libera. Restano sul terreno alcuni partigiani della “Piave” e della “Martire” e tra questi Bruno Panigada.

Augusto Raimondi

Milano, 19 maggio 1899 – Corsico (MI), 17 giugno 1944

Augusto Raimondi nacque a Milano il 19/5/1899 da Giuseppe Raimondi e Pierina Bocconi. Abitava in via G. Giacomo Mora 14. Appartenente alla 113a Brigata Garibaldi fu ucciso a Corsico il 17/6/’44 dalla Muti.

Oreste Stefanotti

Milano,  il 20 aprile 1908 – Casalbuttano (CR), 29 aprile 1945

Oreste Stefanotti nacque a Milano il 20/4/1908 da Achille Stefanotti e Carolina Conti. Abitava a Milano, in Via Jacopo Palma 8. Appartenente al Fronte della Gioventù fu ucciso a tradimento dai tedeschi insieme al compagno Sergio Corbani a Casalbuttano (CR) . Il 29 aprile 1945 un forte

contingente tedesco in ritirata giunse alla frazione Cascina Belvedere di Casalbuttano dove erano stati catturati e tenuti prigionieri due loro portaordini. Alcuni militari tedeschi si avvicinarono al presidio partigiano innalzando la bandiera bianca. Quando alcuni patrioti uscirono sul piazzale per parlamentare, altri tedeschi nascosti in un fossato aprirono il fuoco a tradimento su di loro. Oreste e Sergio rimasero mortamente colpiti. I funerali furono celebrati con grande partecipazione di popolo nella stessa Casalbuttano e lì riposa Oreste, che lasciò la moglie, Alessandra, ed i figli Gabriella di 4 anni ed Eugenio di un anno.

Gianni Vignola detto “Majo”

Milano, 1 agosto 1923 – Invorio inferiore(NO), 18 novembre 1944

Gianni Vignola nacque a Milano il 1° agosto 1923 da Silvio Vignola e Grazia Ridolfi. La sua residenza in città è ancora non stabilita in modo definitivo ma fu, comunque, in zona 6; o in via Sartirana 5 o più probabilmente, in via Cola di Rienzo 45. Arrestato, ancora studente, a Milano il 2 novembre 1942 per propaganda comunista; fu rilasciato il 29 agosto 1943 a seguito di una amnistia emessa dal governo del maresciallo Badoglio. Ad inizio settembre del ’43 sfollò a Montrigiasco, un piccolo paese nei pressi di Arona, sul Lago Maggiore, e lì riprese la sua attività antifascista. Nel marzo ‘44, assumendo il nome di battaglia di “Majo”, si unì al battaglione “Bariselli” della 2a Divisione Garibaldi “Redi” che operava in Val d’Ossola. Dopo un’azione di recupero armi sottratte alla GNR, Gianni, colto da una violenta febbre, riparò presso una famiglia amica a Ghevio. Dopo pochi giorni di riposo e non ancora del tutto ristabilito, il 18 novembre ’44 lasciò la casa che lo ospitava per cercare di ricongiungersi con la sua formazione. Colto nuovamente da malore nei pressi di Invorio inferiore, venne intercettato da una pattuglia GNR che stava partecipando ad un rastrellamento. “Majo” cercò di difendersi ma fu colpito a morte da alcune raffiche di mitra esplose dai rastrellatori che, vedendolo cadere, si avventarono di lui per finirlo a pugnalate.

La lettera del padre

Adolfo Vacchi

Bologna, 29 gennaio 1887 – Albate (CO, 5 settembre 1944

Adolfo Vacchi nacque a Bologna il 29/1/1887. Si laureò in matematica presso l’Università di Bologna e gli venne assegnata la cattedra di matematica e fisica presso l’università di Venezia. Militante socialista e dirigente sindacale, era stato più volte aggredito dagli squadristi fino a quando, nel 1923, fu costretto ad abbandonare il capoluogo veneto e si trasferì a Milano. Essendo stato bandito dall’insegnamento nelle scuole pubbliche, sopravvisse impartendo lezioni private.

Dopo essere sfollato con la famiglia a Veniano, nei pressi di Como, nel 1944 prese contatto con la Resistenza e, con il nome di battaglia di “Hope”, entrò a far parte del Comando Generale del C.V.L.. Il Comando gli affidò l’incarico di organizzare una stazione radio clandestina finalizzata a supportare l’attività dell’O.R.I. (Organizzazione per la Resistenza Italiana) che era una vera e propria rete di “intelligence” che teneva i contatti tra le varie formazioni partigiane ed i rappresentanti dei servizi segreti alleati distaccati a Lugano, in Svizzera. A seguito di una delazione fu arrestato nella sua casa di Veniano il 18 agosto ’44. Condotto nel carcere di Como, dopo numerosi interrogatori e vane indagini compiute per cercare di raccogliere informazioni sulla attività di Adolfo per l’O.R. I, i fascisti decisero comunque di eliminarlo.

“Il 5 settembre fu condotto al cimitero di Albate dove venne fucilato il partigiano Rocco Jeraci; Vacchi, così dissero i suoi persecutori, doveva essere portato a Veniano per un sopralluogo nella sua casa, ma sulla strada per Albate venne proditoriamente colpito con uno o più colpi di pistola, con la scusa che stava fuggendo, e poi lasciato lì a morire dopo una lunga agonia”.

Del professor Vacchi restano molti scritti e testimonianze, una delle più toccanti è la lettera da lui scritta alla figlia Urania all’indomani del 25 luglio 1943.

Mia cara figlia, oggi è giorno di libertà, di redenzione, di ebbrezza: qui a Milano sembriamo tutti ubriachi ed i più assennati sembrano pazzi…Gli altri non ci sono più, tutti sfasciati, non più francobolli, non più ritrattoni gorilleschi e grotteschi. Esultate, esultate!! Oggi il popolo esplode dopo 249 mesi di oppressione e di compressione: per me è il giorno più bello della vita, così lungamente, tormentosamente ma fiduciosamente atteso! Esultate! Vorrei scrivere la lettera più bella che io abbia mai scritto, bella come la libertà sognata e di cui spunta l’alba, (scriverò con più calma) ma sono stanco, sfinito, tu mi conosci e mi capisci! “Viva la libertà!” Non posso dire altro, non posso scrivere né descrivere le 16 ore di tripudio personale e collettivo. Il fascismo è stato travolto, finito in un attimo, per sempre!

W la libertà.

Tuo padre Adolfo

ore 15 del 26-7-1943 anno I dell’Era Nuova

capire sapere agire “.